Bias cognitivo: cos’è e quali sono i più comuni

bias cognitivi

Definizione di bias cognitivo

Il bias cognitivo è un errore sistematico, una deviazione o distorsione del pensiero razionale. In psicologia indica una tendenza a creare la propria realtà soggettiva, non necessariamente corrispondente all’evidenza, sviluppata sulla base dell’interpretazione delle informazioni in possesso, anche se non logicamente o sistematicamente connesse tra loro, che porta dunque a un errore di valutazione o a mancanza di oggettività di giudizio.

Pur sapendo che sbagliato s’impara, talvolta finiamo per ricommettere gli stessi errori. Perché questo accade? Si potrebbe dire che non sempre analizziamo e comprendiamo un errore, finendo così per ripeterlo, ma non è tutto. Ciò in cui incappiamo sono proprio i bias cognitivi, che ci impediscono di apprendere dai nostri errori. Anche le emozioni hanno un impatto significativo sulle nostre scelte.

È convinzione comune considerare il nostro comportamento come il risultato di un processo decisionale assolutamente razionale che deriva da tutte le informazioni che abbiamo a disposizione. Ma non è così. Il nostro cervello è diviso in due parti, una razionale e conscia, un’altra irrazionale e inconscia, che è molto più grande della prima. Prendere buone decisioni significa dunque trovare un equilibrio tra razionalità e irrazionalità.

Esempi di bias cognitivi

A volte nelle scelte bisogna seguire l’istinto, poiché gli errori sono imprevedibili e insiti nel processo decisionale. Solo conoscendo il come e il perché delle nostre scelte, scopriremo se una decisione è buona o meno.

Limitare gli errori che compie il nostro cervello ogni giorno allora non basta per prendere le giuste decisioni, è necessario capire cos’è il bias cognitivo e quali sono i più comuni.

Esistono 23 bias cognitivi che “ci fregano e ci inganno”, scopriamo in quali sono i più comuni.

1. Euristica dell’influenza

Il bias dell’euristica dell’influenza spiega come la nostra percezione della realtà sia significativamente influenzata da ciò che desideriamo in quel dato momento.

2. Avversione alle perdite

Tutti noi prediligiamo la certezze e questo ci porta a volte ad evitare decisioni rischiose e a rifugiarci nella nostra comfort zone. Studi dimostrano che è l’amigdala a fare da “centralina” per l’esagerata anticipazione del dolore per le possibili perdite derivanti da una scelta. E in quelle persone dove questa piccola mandorla del sistema limbico ha un volume maggiore, maggiore è “l’avversione per le perdite”. L’amigdala è una parte antichissima del cervello e, sottolineano i ricercatori, è anche il centro neurale della paura e dell’ansia.

3. Effetto Galatea

L’effetto galatea dimostra che le nostre prestazioni sono influenzate dalla nostra definizione di successo o insuccesso. Questo suggerisce che più siamo convinti delle nostre capacità per raggiungere un obiettivo, più è probabile che lo raggiungiamo. 

4. Bias del carro musicale

Si definisce bias del carro musicale la propensione a “seguire il carro della banda”. Indica la tendenza a uniformarsi al comportamento altrui, a sviluppare una convinzione solo perché condivisa dalla maggioranza.

Il bias di conferma

bias di conferma

Ora che abbiamo capito cos’è un bias cognitivo e quali sono i più comuni, fermiamoci ad analizzare uno di più rischiosi, che può davvero allontanarci dal raggiungimento dei nostri obiettivi: il bias di conferma.

Il bias di conferma (anche noto come pregiudizio di conferma o nella versione inglese confirmation bias) è quel bias cognitivo che, molto spesso, porta il nostro cervello a concentrarsi solo sulle informazioni che vanno a confermare le nostre convinzioni. Quando prendiamo una decisione, il nostro cervello tende a non considerare tutto ciò che può andare a contraddire le nostre credenze nascoste: i dati in linea con il nostro modo di pensare, invece, guadagnano molta più credibilità ai nostri occhi. Capita più volte al giorno: quando ci confrontiamo con un’altra persona che magari non la pensa come noi, quando devi scegliere se svolgere o meno una determinata attività, oppure quando ragioniamo sui nostri obiettivi e i risultati che vogliamo raggiungere.

Non è un caso che il bais di conferma sia un elemento chiave nella diffusione delle fake news. Ma da dove nasce e quali sono i meccanismi sui quali agisce? Uno studio condotto dalla City University di Londra e della University College London, ha dimostrato che a giocare un ruolo importante in questo processo mentale è la corteccia frontale mediale posteriore (pMFC), area del cervello già nota per essere coinvolta nei processi decisionali.

Per realizzare questo studio sono state coinvolti 42 partecipanti, suddivisi in coppie. Successivamente è stato chiesto loro di stimare se il prezzo di alcune proprietà immobiliari fosse più o meno di un importo fisso, scommettendo poi da 1 a 60 centesimi, a seconda di quanto si sentissero sicuri delle loro affermazioni. Successivamente, ogni partecipante è stato sottoposto a risonanza magnetica funzionale (fMri), e gli sono state mostrate nuovamente sia le proprietà, sia i giudizi dati che le scommesse iniziali. È stato poi messo al corrente delle scommesse del partner e gli è stato chiesto, infine, di fare una scommessa finale.

I risultati hanno dimostrato che: “Quando le persone non sono d’accordo, il loro cervello non riesce a codificare la qualità dell’opinione dell’altra persona, dando loro meno motivi per cambiare idea”, spiega il co-autore Tali Sharot. La scoperta, quindi, potrebbero aiutare a dare un senso al potere delle fake news sempre più diffuse in moltissimi ambiti. “La tendenza comportamentale a scartare informazioni non concordi ha implicazioni significative per le persone e la società in quanto può generare polarizzazione e facilitare il mantenimento della disinformazione”, conclude Sharot.

Bias cognitivi e processo decisionale

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I bias cognitivi possano essere anche uno strumento sfruttato dal marketing, in quanto hanno il potere di influire sul processo decisionale dei consumatori. Capire cos’è un bias cognitivo e quali sono i più comuni, ha quindi una rilevanza biunivoca, sia per il venditore, che deve impararne l’arte per aumentare le vendite, sia per il consumatore, che ha il compito di capirli per essere più consapevole nelle proprie decisioni d’acquisto.

C’è un momento in cui il consumatore è estremamente vulnerabile: l’attimo in cui sta per concludere un acquisto. Facciamo un esempio, vi sarà capitato di essere i destinatari di campagne di sms marketing. Bene, quel messaggio ci propone un’occasione imperdibile ma momentanea che ci porti a pensare che se non acquistiamo quel prodotto in quel preciso momento non lo troveremo più. Ed ecco che così entra in gioco il potere del bias cognitivo nel marketing: una distorsione, anche leggera, della realtà, in grado di influenzare le decisioni di acquisto del consumatore.

Possiamo, infine, evitare i bias cognitivi? Probabilmente non completamente, se si considera che molti errori in campo medico, ad esempio, vengono commessi proprio per un eccesso di sicurezza. Studi recenti dimostrano come la mindfulness potrebbe essere impiegata come pratica di debiasing, in quanto è in grado di agire su vari step del processo decisionale, come ad esempio il riconoscimento degli obiettivi, la raccolta di informazioni utili e la valutazione delle alternative.

Al momento, però, il debiasing è ancora è ancora nelle sue fasi preliminari di ricerca. Quello che però possiamo fare, fin da subito, è imparare e riconoscere i nostri bias, in modo da controllarli ancor prima che si inneschino dentro di noi.